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Cammino di fede – Secondo incontro

30 Maggio 2014 2.402 visite

Tema: LA PREGHIERA

Testimonianza di Cristina Spinolo

Meditazione di don Lorenzo Bergantin

Bello sarebbe essere una persona di preghiera! Ma non riuscendo, almeno si potrebbe cercare di essere una persona di preghierE. Cristina ha confessato di non essere né l’una né l’altra. Come minimo, però, tutti possiamo ricordare i momenti della nostra vita in cui la preghiera è uscita convinta dal nostro cuore. Se siamo onesti, dobbiamo riconoscere che quelli sono stati momenti in cui la gioia, la pace e la speranza sono entrati nel nostro animo e nella nostra vita concreta. Per Cristina la preghiera non è un impegno, un obbligo, una necessità. E’ prima di tutto una cosa bella e buona che le fa bene, che la fa vivere con più serenità. Ha raccontato un episodio piccolo, ma molto significativo, di come la preghiera deve essere anche ripetizione, fatica: un pomeriggio si è trovata a dover scucire due lenzuola che la nonna aveva cucito insieme con tanti fitti e piccoli punti di filo, a tagliarli e sfilarli uno dopo l’altro ha impiegato alcune ore, ore di silenzio, ore di meditazione. Molti hanno visto in questa immagine la preghiera del rosario fatta di tanti grani da far passare uno dopo l’altro concentrandosi sulla preghiera.

Don Lorenzo Bergantin, parroco di Villalvernia, ha esordito dicendo che domandarsi quale forma di preghiera sia la più giusta non ha senso. Vuol dire non aver capito il vero senso della preghiera. Non è la forma che conta, ma il cuore. Ci sono tante forme di preghiera quante sono le persone che pregano. E Gesù le gradisce e le accoglie tutte. Una cosa però è essenziale, perché la preghiera sia vera. Ci vuole onestà e sincerità. La preghiera deve partire da noi così come siamo con le nostre sofferenze, con i nostri peccati: troppe volte preghiamo perché il Signore cambi le situazioni o le persone fuori di noi, quando invece sappiamo che la nostra felicità è legata ai nodi che sappiamo sciogliere dentro di noi. La preghiera deve riportare ad unità la frammentarietà in cui viviamo, in cui il nostro essere si dibatte. Ci ha fatto ridere di gusto e riflettere a fondo raccontandoci “la preghiera della scimmia”: in un villaggio africano i pigmei cacciano certe scimmie che sono ghiottissime di arance e lo fanno incastrando un’arancia dentro una noce di cocco appesa ad un albero. La scimmietta arriva attirata dal profumo e si ostina a volere il frutto di cui è ghiotta fino a perdere la vita per mano dei cacciatori. Molto spesso la nostra preghiera è come quella della scimmia: “Signore dammi la mia arancia, dammi la mia arancia…”

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