Il Vescovo parla al Cursillo
29 Novembre 2016 | 2.771 visite |
Nelle testimonianze di due persone che hanno partecipato all’incontro la gioia di un annuncio che salva.
E’ stata una serata densa di spunti di riflessione quella che venerdì 25 novembre si è tenuta a Serravalle e ha visto il Vescovo Vittorio Viola parlare al Cursillo diocesano della sua lettera pastorale: una serata densa, così come lo è la lettera pastorale, soprattutto nella parte che riguarda l’Eucarestia. Il nostro Vescovo ha parlato per circa un’ora e mezza senza leggere una parola. Ha parlato dell’incontro degli apostoli con Gesù e dell’incontro con Lui al Cursillo, della certezza della Sua presenza quando due o tre sono insieme nel Suo nome, del desiderio che Dio ha di noi, di rimanere in questo amore. Nel Vangelo di Giovanni il Signore risorto va a cercare gli apostoli che sono tornati a pescare e domanda: “Pietro, mi ami?” La missione di Pietro nasce dall’amore, così come la nostra missione come chiesa parte dall’incontro con Lui.
Come si esprime tra di noi questo amore? La prima notizia data al mondo è che ci si può amare: l’amore c’è e con gli occhi dell’amore bisogna guardare il mondo con il desiderio di annunciare il Vangelo. Dobbiamo ripensarci per essere efficaci nell’annuncio del Vangelo. L’esperienza che ha costruito la Chiesa è stata lo spezzare il pane e dentro quella comunione nasce tutta la vita della Chiesa. Il nostro sguardo, il nostro ascolto è chiamato a essere sacramento di come Dio guarda e ascolta noi.
Isabella Vergagni
L’incontro è già una grazia, perché stare insieme ci dà più forza. L’esperienza del Cursillo è un dono e un incontro particolare che deve avere delle conseguenze perché il desiderio che Dio ha di noi supera infinitamente quello che noi abbiamo di Lui. Anche il Cursillo è un’invenzione di Dio per arrivare alle persone. Il Signore si affida a testimoni “inadeguati”, che, nelle mani dello Spirito, operano secondo le Sue attese. Le situazioni che ci portano a incontrare Dio non sono mai casuali, ma da Lui preparate. Non c’è da dubitare dell’amore di Dio per noi, ma del nostro amore per Lui sì, e questo amore non deve essere espresso a parole, ma condividendo la vita con i fratelli. Siamo chiamati a confrontarci con il mondo per dire lì, a tutti, con la testimonianza, che l’incontro con Gesù ha salvato la nostra vita. L’efficacia dell’annuncio del Vangelo oggi richiede di adeguare ai tempi il modo di presentarci come comunità cristiana. Il Vangelo va annunciato “in uscita”, non sperando che i lontani vengano da noi: l’amore sarà il modo in cui noi ci presenteremo nei nostri ambienti. La testimonianza prima e irrinunciabile è quella dell’amore e del servizio: ascoltare le persone è un segno d’amore per loro, maggiore di quello dei discorsi che possiamo fare. Nelle nostre comunità abbiamo forse più attenzione alle “strutture” che non alle persone, ma occorre curare più il calore di un incontro che non l’efficacia di un’organizzazione. Il fratello “lontano” desidera più essere cercato per se stesso che per essere portato in un’organizzazione. Non c’è nulla che impegni di più del sentirsi amati, se noi facciamo sentire il nostro amore ai fratelli, essi si impegneranno.
Fabrizio Gallo